Su una cosa, gli esperti sono d’accordo: del fenomeno degli agenti AI-based abbiamo visto solo la punta dell’iceberg. D’altronde, pur riconoscendo l'impatto tangibile della Generative AI in ambiti come la creazione di contenuti, l'automazione delle comunicazioni e l'elaborazione dei documenti, è evidente che le sue possibilità vadano ben oltre a ciò che è sotto gli occhi di tutti. L’idea che possano esistere dei software agent in grado di farsi carico di sfide complesse e di architettare le soluzioni per risolverle accende la fantasia di chi vede nel futuro scenari di automazione intelligente senza precedenti.
Dopo le prime sperimentazioni, scopriamo quindi come le aziende stanno integrando questi strumenti nei loro workflow operativi, e cosa (presumibilmente) ci riserverà un domani sempre più vicino.
Il punto di partenza, soprattutto per chi si avvicina ora a questo tema e non vuole perdere l’opportunità, è capire cosa rientra nel perimetro dell’AI agentica e ciò che invece riguarda approcci più tradizionali. Eccezion fatta – ovviamente - per gli operatori specializzati, c’è ancora un po’ di confusione in merito, che rischia di condizionare i risultati attesi.
È il livello base: si interagisce direttamente con un modello linguistico, sfruttandone le capacità di ragionamento e di generazione di output coerenti. Il modello, però, non agisce in autonomia né attiva strumenti esterni per raggiungere l’obiettivo. È un sistema potentissimo ed è alla base degli AI agents, ma agisce all’interno di confini netti: risponde, non esegue. Fanno eccezione alcune estensioni – come la ricerca sul web o l’impiego di tool specifici – che iniziano solo ora a entrare nella pratica d’uso quotidiana.
Qui l’automazione si arricchisce: per potenziare l’efficacia del modello, gli sviluppatori costruiscono flussi di lavoro in grado di fornire al modello generativo contesto, dati e azioni collaterali. Esempi tipici includono l’estrazione di informazioni da e-mail o calendari (su cui effettuare attività di reasoning), l’aggiornamento di fogli di calcolo, il monitoraggio di siti o la produzione semi-automatica di contenuti. Il modello resta al centro, ma l’ecosistema che lo circonda inizia a muoversi.
Non è solo il trend del momento, ma anche il livello più evoluto: qui non solo esiste un workflow, ma è l’agente a decidere come e quando eseguirlo. Ha obiettivi, margini di autonomia e capacità decisionale. Un agente per il customer care, ad esempio, può eseguire azioni prestabilite e interfacciarsi con sistemi noti (es, CRM o email), ma può anche decidere in autonomia a quale cliente dare priorità o quale percentuale di sconto applicare. Un altro agente può trasformare dei video pubblicati nel canale YouTube aziendale in shorts già sottotitolati e doppiati, scegliendo in autonomia su quali contenuti intervenire, che tono di voce usare per la traduzione e quando pubblicarli per massimizzare la visibilità. Non si limita a eseguire: agisce, decide, ottimizza.
Una caratteristica di punta dell’Agentic AI è la sua versatilità: questi software agents possono essere integrati in qualsiasi settore e funzione aziendale, dalla customer experience alla logistica, passando per l’amministrazione e persino per il software development. Ovviamente, per poterli integrare con sicurezza nei processi operativi aziendali, bisogna sempre tenere conto delle loro limitazioni, tra cui il bias algoritmico, la privacy dei dati e le allucinazioni.
Rispetto ai chatbot tradizionali, gli AI agents non si limitano a interrogare un database e a fornire risposte: possono prendere decisioni in funzione del contesto e delle policy aziendali. Possono scegliere quali strumenti utilizzare (CRM, FAQ, ticketing) e in che ordine, valutare la priorità di un caso rispetto ad altri o, in ambiti avanzati, negoziare direttamente con il cliente condizioni o soluzioni compatibili con vincoli aziendali ben definiti.
Nel marketing e nelle vendite, gli AI Agents possono sostituire alcuni flussi manuali e decidere come agire in base ai dati. A differenza degli LLM che si limitano a scrivere contenuti su richiesta, gli agenti possono monitorare campagne attive, identificare opportunità e proporre azioni correttive con intervento umano limitato.
Un esempio concreto: un agente dedicato al social media marketing potrebbe analizzare i trend in tempo reale, decidere (con supervisione) quali contenuti convenga promuovere o adattare, variare il tone of voice in base al target, gestire lo scheduling sui diversi canali e fornire ipotesi di ottimizzazione del budget pubblicitario, giorno per giorno.
Nel commerciale, un agente AI potrebbe scandagliare CRM, email e tool di intelligence per identificare prospect caldi, proporre un’offerta inviandola via email al cliente o richiedere un contatto umano, aggiornando automaticamente i dati nel CRM.
In ambito legale, gli AI Agents possono fare molto più che cercare clausole o riassumere documenti (tipico impiego degli LLM). Un agente può monitorare in tempo reale l’adeguatezza di contratti e policy rispetto a normative in evoluzione, decidere quando segnalare un rischio, e addirittura generare una nuova proposta di contratto conforme agli standard aggiornati.
Nel finance, gli agenti AI potrebbero monitorare la fatturazione in tempo reale, incrociare dati da sistemi ERP e CRM e decidere se una fattura è conforme o da scartare, generando alert o intervenendo direttamente con correzioni suggerite.
Oltre a verificare la coerenza con contratti o ordini, sarebbe possibile aggiornare dashboard, anticipare flussi di cassa e riprogrammare pagamenti in funzione della liquidità disponibile, rispettando soglie e regole impostate.
Nel software development, gli agenti AI non si limitano a suggerire e scrivere codice, ma possono coordinare fasi del ciclo di sviluppo, decidendo quando eseguire test, refactoring o deployment.
Un agente ben configurato può ricevere una feature request, cercare modelli esistenti, proporre codice compatibile e creare test-case, lasciando ai colleghi esperti la supervisione del processo, la validazione dell’integrazione e il rilascio in senso stretto.
Un uso emergente degli AI Agents riguarda la formazione interna. A differenza delle piattaforme e-learning statiche, un agente può personalizzare i contenuti formativi in base al ruolo, al livello e alle performance della persona, adattando il ritmo e i materiali alle esigenze reali. Nulla di particolarmente diverso (se non per lo scopo) rispetto ai motori di raccomandazione usati dalle grandi piattaforme consumer, da Amazon a Netflix.
Nessuno può prevedere il futuro con certezza, neppure l’intelligenza artificiale. Ma un fatto è sotto gli occhi di tutti: gli investimenti in AI stanno crescendo a ritmo straordinario perché le aziende sono certe di aver intercettato la next big thing per il proprio business. Con ogni probabilità, non si sbagliano.
I software agent continueranno a evolvere in modo rapido e strutturato. Assisteremo a un miglioramento della capacità di reasoning dei modelli sottostanti, alla loro crescente integrazione con strumenti esterni e a una spinta costante verso forme di automazione sempre più pervasive, secondo il paradigma dell’hyperautomation. Gli AI Agents, infatti, rappresentano uno dei tasselli fondamentali di questa visione: autonomi, adattivi, connessi.
Proiettandoci nel futuro prossimo, si delineano alcune applicazioni particolarmente interessanti:
Mentre il settore evolve, cresce anche l’esigenza di trovare un equilibrio tra efficacia, controllo e responsabilità, concetti che ormai escono dai confini del dibattito etico per entrare nella pratica quotidiana delle organizzazioni. La normativa, con l’AI Act come riferimento, porterà le aziende a strutturare in modo sempre più attento i propri sistemi agentici, valutandone impatti, limiti e margini di intervento umano.