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AI transformation, ovvero come integrare l’AI nel modello operativo aziendale

Kirey Group

  

    Il lancio su larga scala dell'intelligenza artificiale generativa e l’evoluzione costante delle sue potenzialità stanno trasformando gli ecosistemi aziendali. Da anni, le imprese considerano la GenAI – e più in generale l’AI – un fattore chiave per il vantaggio competitivo, investendo in progetti di automazione e ottimizzazione dei processi con l’obiettivo di ottenere ritorni sugli investimenti concreti e misurabili.

    Questa fase sta lasciando il posto a una trasformazione profonda: l’AI non è più un semplice acceleratore di efficienza, ma un elemento chiave per la ridefinizione dei modelli operativi aziendali. Si passa così da interventi circoscritti a un’integrazione pervasiva, capace di abbattere i silos organizzativi e abilitare nuove modalità di lavoro, decisionali e strategiche.

    In questo articolo analizziamo il vero potenziale dell’AI nelle aziende, oggi e in prospettiva futura, esplorando le opportunità e le sfide che i leader devono affrontare per trasformarla in un asset strutturale e differenziante.

    Da data-driven ad AI first: opportunità e sfide

    Nel 2024, il mercato dell'Intelligenza Artificiale ha raggiunto in Italia un nuovo record, toccando quota 1,2 miliardi di euro, con una crescita del 58% rispetto al 2023 (Osservatorio PoliMI). Questo risultato è dovuto principalmente alle implementazioni di Generative AI, che nel 2023 rappresentavano il 5% del valore totale e oggi il 43%.

    L'adozione crescente di soluzioni di Generative AI indica una volontà di esplorare nuove opportunità di business e modelli operativi avanzati, uscendo il prima possibile – come detto – dalla logica del singolo progetto o della sperimentazione a silos, che di fatto limita l’innovazione e la trasformazione sistemica. Questo significa ripensare l’azienda dalle fondamenta in funzione di una realtà data-driven per natura, laddove l’AI diventa il motore dell’innovazione e abilita la ridefinizione dei processi, lo sviluppo di una nuova struttura organizzativa, aiuta nel decision making e amplifica le capacità umane.

    Una trasformazione sistemica porta con sé sfide significative. Prima fra tutte, la capacità di apportare cambiamenti sistemici in tempi accettabili, allineando la trasformazione al ritmo del mercato, agli assetti competitivi in essere e alle esigenze dei clienti. Va poi gestita la relazione con l’AI stessa; le aziende devono capire come integrarla in modo efficace, evitando approcci frammentati e garantendo che il suo utilizzo generi valore. Questo richiede un cambiamento di mindset, poiché non basta adottare nuove tecnologie ma bisogna rifocalizzare le risorse su attività a valore aggiunto, ridisegnando ruoli e competenze per centralizzare e massimizzare il contributo umano in un contesto che sarà sempre più automatizzato.

    Il capitolo delle sfide si chiude con quelle relative alla governance, alla sicurezza e alla compliance normativa, che impongono alle aziende di definire framework chiari per il suo utilizzo. La gestione del rischio, la trasparenza degli algoritmi e la protezione dei dati diventano elementi chiave per garantire un’adozione responsabile e sostenibile.

    Il “reboot” del modello operativo e l’innovazione continua

    Con l’obiettivo di guidare le aziende verso un’evoluzione senza precedenti, IBM evidenzia la necessità di un vero e proprio reboot del modello operativo aziendale, che consenta di integrare l’AI in modo strutturale e strategico in tutta l’organizzazione. È consigliabile, a tal fine, valutare modelli di deployment ibridi, come l’approccio Hub-and-Spoke (impiegato dal 63% degli executive), che permettono di bilanciare il controllo e la governance centrale con la flessibilità necessaria per favorire l’innovazione nelle singole unità aziendali.

    In questo modo, la trasformazione aziendale potrebbe fare proprio il paradigma della open innovation, che promuove la collaborazione e il flusso di idee, risorse e competenze all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Questo approccio si concilia con i modelli di deployment ibridi, nei quali l’hub centrale aggrega e gestisce le conoscenze, gli strumenti, le regole e le tecnologie AI, mentre i nodi collaborano per un’adozione personalizzata della tecnologia e, soprattutto, per creare un ecosistema di innovazione continua, che si scontra con i paradigmi tradizionali fondati su singoli progetti e su momenti ben definiti.

    In un contesto di open innovation, le singole unità aziendali non sono più semplici esecutori, ma veri e propri laboratori di sperimentazione, in cui ogni team contribuisce attivamente al miglioramento continuo dei processi e al potenziamento della competitività aziendale. Un errore da evitare, in questo senso, è quello di considerare l’AI come un semplice acceleratore dei processi esistenti; piuttosto, i team devono essere stimolati a ripensare i processi operativi, sfruttando appieno le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale per ottimizzare ogni aspetto del lavoro.

    Collaborazione, cultura e skill, le parole chiave della AI transformation

    Per un reboot di successo del modello operativo aziendale non basta l’approccio giusto. Infatti, è necessario costruire i pilastri a supporto di un cambiamento che, per molte aziende, è epocale:

    1. Un modello di lavoro fondato sulla collaborazione;
    2. Un’evoluzione culturale che favorisca la sinergia tra le persone e i sistemi intelligenti;
    3. Lo sviluppo delle competenze necessarie per supportare e gestire la nuova realtà.

    Costruire un modello collaborativo e anti-silos

    Si è già accennato alla centralità dell’approccio collaborativo nell’ambito dell’open innovation, perché la collaborazione tra team, divisioni e professionisti è essenziale nell’ottica di una modernizzazione pervasiva. Le unità aziendali non possono più lavorare in isolamento, e l’intelligenza artificiale non può essere un tema di competenza esclusiva dell’IT, ma coinvolgere anche la struttura finanziaria, il business, la divisione legale, il marketing e molte altre aree, che sono chiamate non solo a condividere informazioni e ad usare tool analoghi, ma a prendere decisioni congiunte e formare team multidisciplinari, con obiettivi chiari e un’idea altrettanto nitida di come ottenerli con l’aiuto dell’AI.

    Un nuovo rapporto uomo-macchina

    Un altro aspetto fondamentale per il successo della trasformazione è la capacità dell’azienda di evolvere sotto il profilo culturale. In questo contesto, l’obiettivo è abbracciare un paradigma che veda l'AI non come un sostituto, ma come un alleato, capace di generare una sinergia tra persone e macchine. Le persone, con le loro competenze ed esperienza, restano al centro, mentre i sistemi IT amplificano queste capacità, potenziando il loro impatto. Per rendere possibile questa evoluzione, le aziende devono favorire attivamente lo sviluppo di una cultura di fiducia reciproca e collaborazione tra i dipendenti e le tecnologie.

    Competenze e data literacy

    Un elemento chiave per l’evoluzione aziendale nell’era dell’AI è rappresentato dalle competenze. Non si tratta solo di quelle tecniche, riservate a figure specializzate come data scientist e data analyst, ma della capacità diffusa di utilizzare l’AI in modo strategico per rispondere alle esigenze del business: in altre parole, della data literacy. Per diventare realmente AI-driven, le aziende devono prima acquisire consapevolezza delle competenze necessarie e delle eventuali lacune da colmare, per poi investire in formazione. Quest’ultima non può essere vista come un’iniziativa sporadica, ma come un pilastro della cultura aziendale, integrato nei processi e nell’evoluzione organizzativa.

     

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