Secondo il paper Enabling Technologies for Industry 5.0 della Commissione Europea, l'industria rappresenta il 20% del PIL europeo ed è soggetta a vari rischi derivanti da un contesto sempre più globalizzato. La risposta della manifattura a queste sfide è sempre stata l'innovazione, che negli ultimi 15 anni ha portato alla nascita e alla diffusione del modello Industria 4.0, salutato come una rivoluzione in termini di efficienza e di produttività.
Industria 4.0, o smart manufacturing, è un modello industriale fondato sulla digitalizzazione e sull’integrazione di tecnologie avanzate, dall’IoT all’intelligenza artificiale, passando per il cloud e la realtà aumentata, con l’obiettivo di massimizzare l’efficienza, la produttività e la crescita a livello di singola organizzazione, di filiera e di sistema.
Gli enormi investimenti che si sono susseguiti negli anni, agevolati da incentivi governativi, hanno permesso alle aziende di abbattere gli sprechi, di avvicinarsi alle esigenze dei loro clienti, di non subire cali di produttività (la soluzione tipica è la manutenzione predittiva), di prevenire criticità e, con un livello di osservazione più alto, di vincere le sfide di mercati e di economie in continuo cambiamento. La crescita comporta anche un impatto positivo sul mercato del lavoro, per quanto il settore manifatturiero sia minato da uno skills gap tra i più rilevanti di tutto il tessuto economico.
Il limite del paradigma 4.0 è che non ha mai elevato il proprio punto di osservazione, ovvero non ha mai preso in esame l’organizzazione nella contemporaneità in cui vive e nelle sue grandi sfide, dal cambiamento climatico alle diseguaglianze sociali. La stessa Commissione, infatti, ha affermato che “il paradigma dell’Industria 4.0, così come attualmente concepito, non è adatto allo scopo in un contesto di crisi climatica e di emergenza planetaria, né affronta le profonde tensioni sociali”.
Per far fronte ai limiti di industria 4.0, che sono quindi concettuali ben prima che tecnologici, è stato concepito il paradigma 5.0, che ha iniziato a diffondersi dopo il Policy Briefing dell’UE del 2021 ma che di fatto circola dal 2015.
Il modello non intende creare nessuna frattura con il predecessore, quanto meno dal punto di vista tecnologico; piuttosto, esso “integra l'attuale approccio 4.0 mettendo specificamente la ricerca e l'innovazione al servizio della transizione verso un'industria europea sostenibile, incentrata sull'uomo e resiliente”. In altri termini, 5.0 opera sullo stesso terreno e con tecnologie analoghe, ma sposta il focus sull’uomo e sul pianeta. È sì una rivoluzione, ma di approccio e cultura, non tecnologica.
La centralità della tecnologia, tipica di Industria 4.0, lascia spazio all’essere umano, al suo benessere, alla creatività e all’autonomia. Il cambio di paradigma è motivato dall’intento di valorizzare il talento rispetto a un modello evolutivo che per decenni ha puntato sull’automazione, trovandosi però spiazzato di fronte a tematiche chiave di oggi come la personalizzazione di massa.
Pur senza cedere terreno sui fronti dell’efficienza, della produttività e del time-to-market, il modello 5.0 prevede che i processi vengano disegnati miscelando in forma collaborativa le capacità delle macchine con quelle dell’uomo. Non a caso, uno degli elementi tecnologici distintivi di Industria 5.0 sono i Robot Collaborativi (o Cobot), progettati appositamente per interagire con l’uomo nel suo stesso ambiente, cosa che fino a qualche anno fa era impensabile anche solo per motivi di sicurezza.
I Cobot non sono l’unica manifestazione human-centric: le aziende stanno infatti accelerando l’adozione di soluzioni di AI nei loro processi, lasciando però a peculiarità umane come l'istinto, il giudizio etico e la creatività un ruolo cardine a livello decisionale. In questo modo, possono sfruttare le potenzialità delle tecnologie senza perdere di vista il valore dell’esperienza, che assicura decisioni più informate e sostenibili, anche nell’operatività di ogni giorno.
L’approccio human-centric si manifesta poi nella responsabilità delle aziende di formare continuamente i propri dipendenti, così da arginare il fenomeno dello skills gap già citato. Inoltre, pone un forte focus sulle tematiche di responsabilità sociale, assicurando che l’adozione di nuove tecnologie e il focus sulla produttività non comportino impatti rilevanti sull’occupazione o la violazione dei diritti dei lavoratori.
Industria 5.0 pone al centro la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, e lo fa a tutti i livelli: di singola organizzazione, di filiera e di sistema.
Il principio cardine cui ogni organizzazione dovrebbe ispirarsi è quello di economia rigenerativa e circolare by design, che si fonda sulla minimizzazione degli sprechi e sul riutilizzo delle risorse. Il digitale ha un ruolo centrale in tale contesto, poiché permette il monitoraggio dei flussi di materiali, l'ottimizzazione della logistica e l'acquisizione di informazioni lungo l'intero ciclo di vita del prodotto. Grazie all’analisi del dato, è possibile allungare la vita del prodotto stesso e gestire efficacemente i processi di rigenerazione.
L'impatto potenziale è notevole non solo in termini di rating ESG (Environmental, Social, Governance), che a loro volta possono influenzare l'accesso a diverse opportunità come gli incentivi e i finanziamenti; lo è anche nel potenziamento della reputazione del brand, nell'attrazione di talenti sempre più interessati all'impegno ambientale e sociale delle aziende, e nella creazione di modelli di business innovativi, come quelli basati sulla servitizzazione.
Le tecnologie più avanzate, come i digital twin, i materiali intelligenti, la stessa AI e le soluzioni per l'efficienza energetica, contribuiscono positivamente al successo delle iniziative di sostenibilità, con impatti che oggi possono essere anche quantificati e monitorati attraverso appositi indicatori.
Non è un caso che l’accelerazione sul tema Industria 5.0 sia avvenuta negli ultimi 3 o 4 anni. Il covid e le tensioni geopolitiche successive hanno messo in luce la fragilità dei modelli industriali e delle supply chain tradizionali. La necessità di adattarsi rapidamente a cambiamenti imprevisti, come quelli provocati dalla pandemia, ha rafforzato l'importanza di adottare pratiche e tecnologie che promuovano, appunto, la resilienza. Ciò significa estendere e distribuire le catene di approvvigionamento, facendo sì che possano resistere a imprevisti e siano in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti.
Il contributo tecnologico può essere rilevante anche sotto questo profilo, al di là delle tradizionali ridondanze e strategie di business continuity: i digital twin, ad esempio, permettono di simulare scenari di crisi, mentre l'intelligenza artificiale può sfruttare le proprie doti predittive per favorire decisioni informate e rapide, determinanti durante periodi di instabilità.
Se l'Industria 4.0 ha affascinato con il suo corredo tecnologico di altissimo profilo, l'Industria 5.0 propone un cambiamento ancora più profondo. Partendo dall'informatizzazione e dalla digitalizzazione introdotte dal suo predecessore, 5.0 propone un modello industriale in grado di indirizzare le grandi sfide del nostro tempo.
Industria 5.0 invita tutte le organizzazioni, i governi e le imprese a evolvere verso modelli economici sostenibili a 360 gradi, che sommino alla crescita economica il rispetto delle componenti umane, ambientali e sociali, senza le quali non è possibile garantire un progresso duraturo e inclusivo.