Database, Big data, analytics, gioie e dolori di imprese e compagnie. L’utilizzo dei dati come base per la conoscenza del cliente è passato dalla quasi totale deregolamentazione della fase pionieristica del marketing telematico alle maglie strette e supervisionate in cui la normativa tenta di costringerli. Nel caos primordiale che precede l’era della totale connessione (dall’Iot in poi) si assiste ad una lotta quasi mitologica tra il Bene (il dato come valore aziendale) e il Male (l’abuso di informazione come minaccia per il consumatore), più prosaicamente trasferito nel rapporto tra Business Intelligence e Data Governance. È su questo confine che ogni impresa si trova in questo momento, una posizione che spesso deve fare i conti con l’inadeguatezza delle strutture aziendali nell’evolvere alla stessa velocità con cui cambiano le potenzialità tecnologiche.
Per il mondo assicurativo il dato è sempre stato un bene prezioso, è la base del sistema tariffario e quindi delle strategie che si possono attuare sul mercato. “La stretta normativa impone alle compagnie di pensare a un governo del dato, ed esse si sono trovate in questi anni a disegnare un approccio concreto e sistematico con livelli di difficoltà differenti, non poche volte dettato dalla sensibilità dei manager verso il tema tecnologico”, afferma Teresa Roma, Business line manager, Information management di Kirey Group.
Dalla norma alla cultura del dato
Cambiare l’approccio al dato e farlo diventare un asset per l’impresa è un percorso che richiede il tempo necessario a una trasformazione culturale, in cui quella che è percepita come una sovrastruttura normativa deve invece diventare la guida per un’alleanza responsabile con il cliente, un passaggio evolutivo che è confermato dall’esperienza di Kirey Group: “Ci sono compagnie in cui comincia ad essere evidente un cambio culturale, si tratta di quelle che hanno potuto constatare che l’esercizio costante della data governance crea valore; altre hanno risposto comunque alla normativa ma si trovano ad avere più difficoltà, in alcuni casi si sono dotate di strumenti utili ma che non riescono ancora ad utilizzare appieno”.
Avere il governo del dato significa identificare le informazioni oggetto della necessità di governo, individuare dove risiede la responsabilità del dato e progettare una modalità di controllo basata su strategie informatiche: “Attraverso questa prima fase alcune compagnie sono riuscite a modificare il proprio modo di lavorare spostando il valore dell’informazione dai dati come oggetto della normativa ai dati come asset dell’azienda”, spiega Roma, “Un simile approccio è allineato al cambiamento tecnologico, culturale e di stile di vita di questi ultimi anni. Il governo del dato oggi non è imposto dalla normativa ma è accettato come efficace rispetto alle decisioni che l’impresa deve prendere”.
Capacità di analisi prima della tecnologia
È qui che si innesca l’intersezione tra la data governance e la business intelligence, che si integrano nell’information management, la capacità di gestire strategicamente l’informazione attraverso specifiche policy aziendali. A questi aspetti si aggiunge il tema del Gdpr: “Le aziende devono rispondere in un’ottica di responsabilità e rispetto per il cliente e i suoi dati sensibili, anche attraverso gli opportuni supporti tecnologici”, sostiene Teresa Roma che fornisce un esempio: “Abbiamo rilasciato per una compagnia un software per mascherare il dato sensibile che, su richiesta del cliente, può essere criptato, archiviato e cancellato, con la possibilità di recuperare l’informazione nel caso sopraggiungano ripensamenti”. Le soluzioni tecnologiche devono potersi calare nella realtà delle aziende: “L’implementazione di un sistema può essere realizzata in modi diversi perché la scelta tecnologica dipende da differenti fattori, tra cui la strategia, lo stato del patrimonio informativo e il livello di spending. È necessario realizzare un progetto basato prima sull’analisi della situazione e poi su un’architettura tecnologica innovativa nella capacità di controllo del dato, e flessibile, per far dialogare tra loro – dove serva - sistemi differenti che possono essere stati adottati dall’impresa in risposta a esigenze diverse”.
Il tempo del qui e ora
In tema di dati e di modalità di gestione degli stessi è necessario avere la capacità di uno sguardo prospettico: “I nostri clienti ci interrogano sui Big data e sull’analisi dei dati non strutturati, sul data warehouse in cloud, che abbatte notevolmente i costi per le compagnie, temi che sviluppiamo nei nostri laboratori”, spiega Roma. Ma oggi è la velocità a fare la differenza: “Un periodo di due anni oggi non è più nulla, passato e futuro sono inesistenti, l’evoluzione tecnologica sta viaggiando sul qui ed ora, non sulla prospettiva”. C’è la necessità di operare in near real time, cioè di fornire soluzioni immediate alle richieste delle imprese che cambiano di giorno in giorno: “Questo richiede una grande spinta creativa, la capacità di lavorare tenendo insieme i fili dell’analisi della tecnologia, del confronto con i clienti e con le esigenze di nuovi servizi da parte del mercato, non ultimo nel nostro caso la possibilità di assumere il ruolo di Dpo in alcune aziende”.