Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 77% degli italiani guarda con timore l’intelligenza artificiale per quanto concerne il suo potenziale impatto sul mercato del lavoro.
Negli ultimi due anni, in particolare da quando GenAI ha dimostrato le sue potenzialità, la relazione tra intelligenza artificiale e lavoro è diventata un tema di grande attualità. In particolare, sono emerse due visioni: una più ottimistica, secondo cui GenAI è lo strumento definitivo per abbattere i lavori routinari e a basso valore aggiunto, permettendo alle aziende di rifocalizzare parte del personale verso attività di rilievo; una più pessimistica, che si concentra sulla capacità di GenAI di sostituirsi a ruoli su cui si regge l’impiego di migliaia, se non di milioni, di persone, con conseguenze evidenti sul piano occupazionale presente e futuro.
Se il 77% degli italiani guarda l'AI con timore, è per via del suo rapporto con l'automazione, che nel corso degli anni è diventata sempre più smart e capace di spingersi oltre i confini predefiniti.
L’automazione tradizionale, infatti, si è sempre concentrata sulle attività più routinarie, ripetitive e rule-based: la stessa Robotic Process Automation, pilastro tecnologico dell’automazione dei sistemi digitali, ha sempre (e solo) coinvolto aree ripetitive e prevedibili dei processi aziendali. Oggi, tuttavia, assistiamo a un cambiamento epocale con il concetto di hyperautomation, che non solo estende il raggio d'azione dell'automazione stessa, ma la arricchisce di componenti avanzate come il Natural Language Processing (NLP) e il machine learning, donando alle macchine capacità decisionali che, fino a pochi anni fa, sembravano pura fantascienza. Questo passaggio dall'automazione tradizionale a quella intelligente, oltre a segnare un nuovo capitolo nella relazione tra uomo, lavoro e tecnologia, crea una certa apprensione ai lavoratori di oggi e di domani.
Come anticipato, la GenAI ha intensificato le riflessioni sul rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro. La capacità di generare contenuti, immagini, codice, video, documenti e, più in generale, di creare qualcosa che fino a ieri era di esclusiva pertinenza umana utilizzando istruzioni (prompt) in linguaggio naturale, ha avuto un impatto rapido e significativo sul mercato del lavoro: a pochi mesi dall’introduzione di ChatGPT, infatti, è stata registrata una riduzione del 21% nelle richieste di lavoro per ruoli automatizzabili, con particolare focus sui lavori legati alla scrittura e al comparto informatico, soprattutto lato coding e software engineering.
Come hanno reagito le organizzazioni a questa rivoluzione? Osservando il mercato si possono evidenziare (almeno) 3 approcci:
Il tema dell’impatto dell’AI sul lavoro è certamente complesso e richiede valutazioni approfondite, meglio se supportate da dati certi.
A tal proposito, esistono fortunatamente alcuni punti fermi: secondo alcune ricerche, l’utilizzo dell’AI generativa in determinati contesti può incrementare la produttività individuale fino al 40%, creando per le aziende un’opportunità senza precedenti. Non a caso, chi ha tentato di limitare l’impiego di questa tecnologia l’ha fatto unicamente per prendere temo in attesa di sviluppare strategie ad hoc.
L’impatto sul mercato del lavoro è e sarà significativo. Secondo il Politecnico di Milano, l’intelligenza artificiale ha un potenziale di automazione del 50% di posti di lavoro equivalenti (FTE, ovvero la quantità di posti di lavoro ottenuti dalla somma delle ore dedicate ai task automatizzabili). Ancora più significativa è la stima secondo cui, nel contesto italiano, “da qui a 10 anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone”. Questi numeri, per quanto potenzialmente allarmanti, sottolineano la necessità di un approccio equilibrato, che sappia valorizzare le opportunità offerte dall’AI mitigandone al contempo i rischi, anche quelli sociali.
Per comprendere al meglio il fenomeno, bisogna sottolineare il termine potenziale. L’AI ha potenzialmente la capacità di svolgere il lavoro di quasi quattro milioni di persone (in Italia), ma è parimenti vero che:
A livello sistemico, l'automazione intelligente di processi e attività rappresenta inoltre una risposta strategica a sfide demografiche sempre più importanti. In Italia, il progressivo invecchiamento della popolazione richiede soluzioni innovative che aumentino la produttività per tutelare la sostenibilità e la tenuta del sistema pensionistico; il boost di produttività fornito da GenAI (e analoghe soluzioni intelligenti) potrebbe essere determinante per lo sviluppo degli equilibri della società del prossimo futuro.
I timori sono legittimi, ma l'ipotesi della sostituzione (completa) dell'uomo da parte di sistemi intelligenti è poco realistica, quanto meno oggi e su larga scala.
I limiti intrinseci dei sistemi di AI, come le allucinazioni nei modelli generativi, le difficoltà di comprensione contestuale e di orchestrazione di capacità diverse, evidenziano la necessità di un approccio collaborativo. La job augmentation diventa dunque la vera soluzione: l'AI diventa uno strumento che affianca l'operatore, ampliando le sue capacità e liberandolo da alcuni compiti a basso valore aggiunto.
A tal proposito, iniziano ad esistere casi d’uso molto interessanti:
La job augmentation non è soltanto una prospettiva più etica rispetto alla sostituzione, ma a dire il vero anche quella più vantaggiosa per le imprese, che otterrebbero contestualmente un aumento della produttività e un miglioramento della qualità dei prodotti e servizi, nonché una soddisfazione maggiore da parte dei dipendenti, da cui a sua volta dipende la produttività. È un classico circolo virtuoso.
Tuttavia, la transizione verso un rapporto collaborativo tra AI e le persone richiede un cambiamento culturale e organizzativo importante. Non basta fornire dei tool per far sì che le persone li adottino e si facciano supportare ogni giorno: bisogna ripensare i processi in ottica di automazione collaborativa, investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze, creando un ambiente di lavoro che favorisca il continuo supporto della macchina alle attività gestite dai dipendenti. Solo in questo modo sarà possibile sfruttare appieno il potenziale dell'intelligenza artificiale e costruire un futuro del lavoro più equo e prospero.