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Kirey al fianco di Fondazione Veronesi, il sostegno continua: nel 2025 il supporto va alla ricerca sul glioblastoma

Scritto da Kirey | 4-lug-2025 7.41.42

 

Anche nel 2025 Kirey ha scelto di continuare a sostenere la ricerca con Fondazione Umberto Veronesi, con una borsa di ricerca che finanzierà sei mesi di attività di Arianna Rinaldi, Post-Doctoral Researcher presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, impegnata in un innovativo progetto di ricerca sul glioblastoma.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarla e di farle qualche domanda sul suo percorso e sulla sua ricerca.

 

Puoi descrivere chi sei, raccontando le tue passioni, il percorso formativo e le esperienze lavorative che ti hanno portato fin qui?

Sono una ricercatrice post-dottorato di 30 anni. Dopo essermi laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ho conseguito un dottorato in Nanomedicina svolto tra l’Università di Modena e l'Università di Angers, in Francia. Mi sono avvicinata alla ricerca oncologica durante gli anni dell’università, ispirata dai racconti di chi lavora in questo campo e dalla forte motivazione che li guida. Ho, infatti, capito che la ricerca in ambito oncologico racchiudeva molti elementi che mi stanno a cuore: la curiosità scientifica, l’interesse per la salute e il desiderio di contribuire a qualcosa di concreto e utile per gli altri. Nel mio lavoro mi sono occupata di alcuni tipi di tumore, dal glioblastoma al carcinoma prostatico, adottando approcci interdisciplinari che integrano nanotecnologie, biologia molecolare e chimica. Credo fortemente nella collaborazione e in un progresso costruito attraverso piccoli passi condivisi. Accanto alla scienza, coltivo anche passioni artistiche e sociali: dipingo, suono la chitarra e partecipo ad attività di volontariato legate alla sostenibilità ambientale e alla giustizia sociale. Stare tra le persone, sentirmi parte attiva di una comunità e impegnarmi per essa è qualcosa che mi arricchisce profondamente.

Cosa ti ha ispirato ad avviare questa ricerca? Quali traguardi speri di raggiungere attraverso il tuo lavoro?

 Il glioblastoma è uno dei tumori cerebrali più aggressivi e difficili da trattare, con terapie spesso inefficaci e una sopravvivenza molto bassa. Per questo motivo, è fondamentale individuare nuove strategie terapeutiche. Nel nostro laboratorio, guidato dalla Prof.ssa Carol Imbriano presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, si studia da tempo un complesso di proteine chiamato NF-Y, che regola la crescita delle cellule. In condizioni normali, NF-Y è essenziale per il corretto funzionamento cellulare, ma in alcuni tumori può comportarsi in modo anomalo e contribuire alla crescita incontrollata delle cellule malate. Studi recenti indicano che una delle tre parti o "subunità" che formano NF-Y, denominata NF-YC, potrebbe avere un ruolo chiave nella progressione del glioblastoma. Si è visto che NF-YC esiste in diverse varianti, ma non è ancora chiaro come ciascuna di esse influenzi il comportamento delle cellule tumorali. Il nostro obiettivo è comprendere meglio il ruolo di queste varianti nella crescita, aggressività e resistenza del glioblastoma alle terapie. Inoltre, stiamo valutando se sia possibile “spegnere” selettivamente le varianti più aggressive di NF-YC utilizzando molecole chiamate siRNA, per rendere il tumore meno pericoloso o più sensibile ai trattamenti esistenti. Con questa ricerca, speriamo di migliorare la comprensione dei meccanismi che alimentano il glioblastoma e contribuire, in futuro, allo sviluppo di terapie più efficaci, mirate e con minori effetti collaterali per i pazienti. 

In che misura pensi che il tuo studio possa migliorare la vita quotidiana delle persone?

Ogni passo avanti nella ricerca oncologica può avere ricadute importanti, anche se spesso in modo graduale. Comprendere sempre più a fondo i meccanismi alla base della malattia è essenziale per sviluppare diagnosi più precoci e trattamenti sempre più mirati, sicuri ed efficaci. Anche quando i risultati non sono immediatamente applicabili, il contributo di ogni ricercatore, insieme a quello di tanti altri, contribuisce a costruire quel patrimonio di conoscenze condivise che può portare, in futuro, a miglioramenti concreti nella qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Ritieni che il mondo delle imprese sia sufficientemente coinvolto nel sostenere la ricerca? Che messaggio vorresti inviare a chi sceglie di supportare la scienza?

Ritengo che l’interesse del mondo imprenditoriale verso la ricerca stia crescendo negli ultimi anni, anche in campo biomedico. Sempre più aziende riconoscono che investire in ricerca non è solo un atto di responsabilità sociale, ma anche una scelta lungimirante: la scienza ha bisogno di tempo, investimenti costanti e visione, ma i risultati che produce sono a beneficio di tutti. La scelta di contribuire a sostenere la ricerca scientifica ha un valore enorme per noi ricercatori: ci permette di continuare a lavorare in una direzione comune, cercare risposte e spenderci in ciò in cui crediamo.

Che ruolo ha avuto Fondazione Veronesi nel tuo percorso?

Fondazione Veronesi ha un ruolo prezioso nel mio percorso: il supporto offerto attraverso la borsa di ricerca è importante non solo dal punto di vista economico – essenziale per portare avanti la ricerca – ma anche sul piano umano e professionale. Grazie a questo sostegno, potrò approfondire le mie competenze, acquisirne nuove, portare avanti una linea di ricerca che mi appassiona e fare un passo concreto verso l’autonomia e l’indipendenza come ricercatrice. Sono molto grata anche per il valore simbolico: sapere che esiste una rete di persone, professionisti, donatori e colleghi che crede nella ricerca scientifica e nel tuo lavoro è una spinta motivazionale fortissima.