Un’azienda si può davvero definire data-driven quando i dati, o meglio le informazioni derivanti dalla loro analisi, sono alla base dei suoi processi decisionali e della sua capacità di innovare. Tuttavia, oggi la stragrande maggioranza delle decisioni quotidiane sono ancora data-deprived, ovvero basate (solo) su esperienza, intuito e competenza. Spesso, questo accade perché i dati non sono accessibili a tutti, da cui la necessità di un percorso di data democratization.
Stando ai risultati di una ricerca autorevole di qualche anno fa, solo il 3% delle decisioni operative di ogni giorno (real-time) è supportata dai dati, e questo vale anche per le aziende che si definiscono data-driven. Molte organizzazioni, infatti, ritengono che sia sufficiente basare sui dati le decisioni strategiche e business-critical per essere un’azienda moderna, quando invece dovrebbero includere anche tutte quelle operative che costituiscono la quotidianità di ogni professionista e di tutte le divisioni aziendali.
La data democratization è il processo, o meglio il percorso, che l’azienda intraprende per far sì che i dati (e i relativi insight) siano accessibili a tutti, e non soltanto a una ristretta cerchia di manager. A ben vedere, infatti, sono decenni che le aziende basano le decisioni più importanti su evidenze numeriche, ma ogni analisi era gestita a sé e presupponeva l’intervento diretto dei professionisti dell’IT, che dovevano identificare i dataset corretti, acquisire le informazioni, operare le opportune modifiche, fare correlazioni, analizzare e creare una reportistica dedicata.
Se l’approccio tradizionale può essere ancora percorribile per le decisioni più importanti della vita di un’azienda (es. una fusione), non lo è di sicuro per quelle di ogni giorno, che però sono anche quelle su cui si basano la produttività, le relazioni interne ed esterne, le vendite, la redditività e la competitività d’impresa. Per far sì che anche queste decisioni vengano supportate dai dati occorrono tre elementi chiave:
La data democratization è dunque un processo che mira a garantire che ogni dipendente possa accedere istantaneamente ai dati necessari per prendere decisioni informate, che spaziano dalla definizione del prezzo di vendita di un prodotto alla scelta della quantità di materie prime da acquistare. Questo consente di potenziare le capacità individuali, derivanti da esperienza e competenza, con informazioni solide e di valore.
Se democratizzare i dati fosse facile, le relative decisioni non sarebbero il 3%. Diffondere l’uso dei dati all’interno delle grandi organizzazioni, infatti, è possibile solo affrontando e vincendo diverse sfide che dipendono da come l’azienda li ha sempre considerati, gestiti e analizzati. In particolare, le aree da presidiare sono quattro.
Le aziende hanno sempre gestito i loro dati a silos, e spesso lo fanno ancora. Ogni divisione ha informazioni e applicativi propri, che non necessariamente dialogano con quelli delle altre unità funzionali, e così ogni progetto di dati diventa complesso e laborioso perché richiede l'integrazione manuale delle informazioni, la riconciliazione e la gestione di formati e strutture eterogenee. Questo isolamento impedisce una visione unificata e coerente, ostacolando la capacità dell'azienda di prendere decisioni rapide e informate.
Il tema della data governance si collega al punto precedente. Nell’ottica di voler realizzare una data platform enterprise, che superi i limiti della gestione a silos, sono necessarie policy e linee guida chiare che disciplinino l’utilizzo, l’accesso, l’analisi, la sicurezza e la condivisione dei dati.
Un’informazione non attendibile porta a decisioni errate. Le aziende che perseguono l’obiettivo della democratizzazione devono assicurarsi che i dati siano sempre accurati, affidabili e aggiornati. Considerando il proliferare di informazioni non strutturate e l’aumento esponenziale nei volumi e nell’eterogeneità dei dati, la data quality è una sfida in piena regola.
Potrebbe sembrare curioso di fronte alle innumerevoli sfide tecniche, ma ciò che rischia davvero di bloccare il progresso delle aziende verso la democratization è l’assenza di una cultura adeguata (e di data literacy, di cui si dirà successivamente). Molte organizzazioni, infatti, fanno fatica a integrare i dati nei processi decisionali di ogni giorno e nel promuovere una mentalità moderna e digitale tra i dipendenti, nonostante i considerevoli investimenti in tecnologia. Per avere successo, occorre intraprendere un’attenta gestione del cambiamento.
Abbiamo già sottolineato quanto una cultura orientata all’uso dei dati sia essenziale nel percorso di democratizzazione e, in senso lato, in quello di trasformazione digitale. Che dire, a questo punto, delle competenze di chi dovrà usare queste informazioni?
L’espressione data literacy si riferisce alla capacità di comprendere, leggere, analizzare e comunicare i dati in modo efficace. È una skill essenziale nel modello di impresa 2.0 nonché un tassello chiave della data culture. Ovviamente, nessuno richiede a tutti i professionisti di diventare dei data analyst, ma ognuno deve poter accedere alle informazioni, deve essere in grado di effettuare analisi anche piuttosto complesse e di interpretare correttamente i risultati, usando al meglio gli strumenti analitici messi a disposizione dall’azienda.
Data la connessione evidente con la cultura aziendale, anche la data literacy non è facile da implementare e promuovere. Richiede formazione e sviluppo, personalizzazione dei percorsi sulla base delle esigenze dei singoli professionisti e/o dei team, accesso generalizzato ai cataloghi di dati e agli strumenti di analisi e, ovviamente, promozione di una mentalità moderna.
Ogni azienda è una storia a sé, e lo è anche nel percorso di trasformazione digitale. Di sicuro, la democratizzazione dei dati può creare un certo livello di discontinuità rispetto alle pratiche, ai tool e al mindset del passato, per cui conviene sempre farsi guidare da un partner con competenze ed esperienze specifiche.
Il punto di partenza di una possibile strategia è sempre la definizione dell’as-is: che livello di maturità mostra l’azienda rispetto all’uso dei dati come supporto decisionale e driver di innovazione? Cosa ne sta ostacolando il percorso? I professionisti sarebbero in grado di analizzare, interpretare, collaborare e condividere informazioni basate sui dati se avessero accesso a tool di analisi? E dal punto di vista tecnico, dove sono, quali sono e come sono gestiti i dati?
A questo punto, una data democratization strategy potrebbe prevedere attività finalizzate a:
A seconda del punto di partenza e degli obiettivi, il percorso di democratizzazione del dato può essere piuttosto complesso. Tuttavia, esso resta un passaggio fondamentale per tutte le aziende che vogliono davvero evolvere in un mondo sempre più digitalizzato.
Percorrere la strada della data democratization è fortemente consigliabile poiché rende l’azienda in grado di competere con imprese moderne, innovative, agili e nativamente 2.0. Il fenomeno fintech, per esempio, ha dimostrato che anche strutture piccole, ma moderne e agguerrite, possono entrare in mercati dominati da grandi incumbent e conquistare uno spazio significativo grazie a nuovi modelli di business basati sull'uso dei dati. Questo significa che nessuna struttura, neppure la più consolidata, può permettersi di ignorare l'importanza della trasformazione digitale, che di per sé presuppone capacità di diffusione orizzontale del dato all’interno dell’organizzazione.
Non da ultimo, bisogna considerare anche tutti i benefici diretti che derivano dalla data democratization, tra cui:
In ottica di medio e lungo periodo, il beneficio più significativo resta comunque la trasformazione complessiva dell’organizzazione, che diventa più agile, reattiva e orientata al futuro.