Abbiamo incontrato Edoardo Franceschini, biologo e borsista nell’ambito del Post-Doctoral Fellowship assegnato ogni anno dalla Fondazione. La sua ricerca indagherà gli effetti del’inquinamento dell’aria su un campione di bambini in età scolastica.
Anche quest’anno Kirey Group ha riconfermato il sostegno alla ricerca di Fondazione Umberto Veronesi, con una borsa di ricerca che finanzierà sei mesi di attività di Edoardo Franceschini, biologo e dottore di ricerca in Scienze Endocrinologiche all’Università La Sapienza di Roma. Franceschini è uno dei ricercatori selezionati per il Post-Doctoral Fellowship 2023 e premiati in occasione dei Grant organizzati dalla Fondazione lo scorso 31 maggio. L’abbiamo incontrato per parlare della sua ricerca.
In cosa consiste la sua ricerca?
Con il mio team valuteremo gli effetti biologici dell’inquinamento dell’aria su un campione di bambini, prendendo in considerazione dei biomarkers – marcatori biologici – che diversi studi hanno determinato in grado di predire la probabilità di sviluppare malattie croniche da adulti. In particolare, valuteremo la presenza di micronuclei nelle cellule della mucosa della bocca in bambini dai 6 agli 8 anni di Gubbio (PG), dove sono presenti due industrie cementifere e le polveri sollevano preoccupazioni per l’impatto sulla salute degli abitanti. I risultati saranno messi a confronto con quelli di altri bambini in aree dove non sono presenti industrie cementifere; l’esposizione agli inquinanti atmosferici sarà stimata attraverso i dati di Arpa Umbria.
Come verranno gestiti i dati che emergeranno dalla ricerca?
I dati analitici che andremo a ricavare saranno importanti per due ragioni: la prima è che al momento non sono dati noti e questo tema è ancora poco indagato; la seconda è che verranno trasformati in dati informatici, indispensabili per l’utilizzo di applicazioni di intelligenza artificiale basate oggi su algoritmi di machine learning, ed in futuro anche su algoritmi di deep learning. La ricerca potrà quindi dare un utile contributo alla conoscenza della qualità dell’aria ambientale in un luogo caratterizzato da fonti industriali, potenzialmente inquinanti.
Da dove arriva l’idea di questa ricerca?
L’ambiente è sempre stato il fil rouge nelle mie scelte di studi. Oltre alla conoscenza analitica di tematiche ecologiche, che ho sviluppato prima con la laurea in Scienze naturali, poi con la specialistica in Biologia, ho avuto modo di approfondire una dimensione più laboratoristica e legata alla biologia molecolare, con il Master ed il Dottorato. Ho fatto dell’ambiente l’oggetto principale dei miei studi perché credo che la ricerca in questo campo possa avere un’utilità dal punto di vista sociale: quella dell’inquinamento è una questione urgente e molto sentita.
Con che stato d’animo si approccia a questi temi? Anche nell’ambito della ricerca si può parlare di “eco-ansia”?
Assolutamente no. La ricerca va affrontata razionalmente, evitando bias o pregiudizi di alcun tipo e facendo fede alle evidenze. Non possiamo fare ricerca pensando ai risultati che andremo a raccogliere, esprimendo nei loro confronti a priori un giudizio di qualche natura. Quindi mi approccio alla ricerca focalizzato sull’obiettivo dell’indagine, ovvero raccogliere dati attualmente non noti, che a loro volta potranno essere utili per sviluppare altre ricerche che, in futuro, mi auguro possano essere utili per le persone.
Qual è il suo rapporto con Fondazione Umberto Veronesi? Come si augura che possa evolvere?
Sono molto grato che Fondazione Umberto Veronesi abbia scelto di finanziare il progetto che ho proposto. Mi auguro di poter svolgere un lavoro soddisfacente, che mostri evidenze rilevanti, e di instaurare un rapporto di collaborazione e di fiducia che non si esaurisca domani, ma che possa durare nel tempo.